Francesco scelse per la figlia primogenita un nome – Marfisa – determinante nella formazione del suo carattere e nella memoria collettiva che liberamente tese a confondere i profili dell’indomita eroina del poema di Ludovico Ariosto con quelli della principessa d’Este, nutrendone la leggenda.
Gli anni dell’infanzia e l’adolescenza furono vissuti da Marfisa assieme alla sorella Bradamante in quella dimora che oggi porta il suo nome e che il padre aveva espressamente fatto erigere e decorare per sé e le bambine.
Il 1578 è fatidico nella vita di Marfisa: si concentrarono allora il lutto per la morte del padre Francesco, le prime nozze con il debole Alfonsino di Montecchio, l’eredità di un vasto patrimonio che incrementò poi in seguito alle seconde nozze. Sposò nel 1580 il colto marchese Alderano Cybo di Massa Carrara che dimorò da allora prevalentemente nella città estense, consentendo così a Marfisa di continuare a vivere a Ferrara e operare per curare il decoro di quei luoghi a lei prediletti.
Anche dopo lo sconvolgimento della Devoluzione dello Stato estense alla Chiesa nel 1598 e il conseguente espatrio dell’ultimo duca Cesare e della sua corte da Ferrara, Marfisa, in virtù del forte legame della famiglia Cybo con il papa Clemente VIII, rimase indisturbata, onorata e rispettata nella sua città natale. La palazzina di Ferrara con le sue adiacenze e la delizia di Medelana furono il circoscritto perimetro entro cui Marfisa maturò e forgiò quel suo carattere che – da fonti indirette – si ritiene essere stato singolare, anticonvenzionale ed estroverso, posto in risalto nel suo tempo dai maggiori letterati e poeti che protesse, tra cui – primo tra tutti – Torquato Tasso, ma romanticamente esasperato con tinte fosche dalla tradizione ottocentesca che la voleva sadica amante.
Per certo non si conosce il vero volto della principessa d’Este il cui fascino venne tuttavia celebrato dalle fonti coeve che sottolineano la innata sensibilità per le arti, la musica e la poesia. Ricercò il divertimento conviviale nei giochi, nelle feste e nei ricevimenti così come coltivò la passione per il teatro.
La brillante vita sociale non conobbe flessioni nonostante i sette figli che non si esclude fossero il frutto di un saldo matrimonio d’amore. La sua vita si spense nel 1608, a due anni dalla morte del coniuge. La sua sepoltura in commesso di marmi policromi, in origine nella chiesa di Santa Maria della Consolazione, è stata trasferita accanto al sepolcro di Borso d’Este nella Certosa.