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Musei Civici di Arte Antica
Comune di Ferrara

La Palazzina come “casa museo”


 

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Palazzina Marfisa d'Este
 

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La Palazzina come “casa museo”
Il luogo e la storia



Dopo la morte della principessa estense iniziarono lunghi anni di declino del settore urbano interessato dalla palazzina.
La vasta proprietà, che dagli Estensi era passata con Marfisa alla famiglia Cybo, nel 1643 venne ridimensionata col passaggio ai conti Bonacossi del palazzo che, con la sua loggia detta del Cenacolo, chiudeva scenograficamente il fronte dei giardini. Le case limitrofe, abbandonate ad un progressivo degrado, divennero pericolanti e nel 1899 furono demolite.La loggia degli Aranci fu affittata e utilizzata in tempi diversi in vario modo: filatoio della seta, magazzino per foraggi e canapa, fonderia, fabbrica di sapone. Con gli usi impropri la sua struttura venne fatalmente compromessa tanto da temerne il crollo, scongiurato in extremis dall’intervento del Comune fra il 1884 e il 1885.

La palazzina mantenne un suo decoro finché fu abitata dall’amministratore dei conti Cybo, ma dal 1756 iniziò anche per essa un susseguirsi di usi impropri che culminarono nel 1890, quando fu affittata a un fabbro ferraio che nella sala grande impiantò la fabbrica, e nelle attigue camere le fucine. Il fumo annerì le grottesche dei soffitti, famose per leggiadria e per la maestria della bottega dei Filippi che vi aveva operato; un principio d’incendio distrusse la volta della attuale sala di Fetonte.

Il recupero iniziò nel 1906 ad opera della “Ferrariae Decus”, istituto per la tutela dei monumenti della città, di cui era presidente Giuseppe Agnelli. Fu così risarcito il tetto, furono sistemate la facciata, le finestre e in buona parte vennero ripristinate anche le raffinate decorazioni interne, con lavori affidati al pittore e restauratore ferrarese Giuseppe Mazzolani, che vi lavorò fra il 1910 e il 1911, sostituito poi da Enrico Giberti fino al 1915.

La prima guerra mondiale fece interrompere i lavori, ripresi nel 1937: facendo proprio un programma ideato da Giuseppe Agnelli, la Cassa di Risparmio di Ferrara, presieduta da Pietro Niccolini, per celebrare il centenario della propria fondazione finanziò il restauro e la sistemazione definitiva della palazzina Marfisa, inaugurata con grande pompa nel 1938.

Il progetto per il restauro architettonico fu dell’ingegnere Carlo Savonuzzi, l’allestimento degli interni spettò a Nino Barbantini, che con questo impegno andava a realizzare un sogno giovanile. Barbantini era allora responsabile dei musei civici veneziani, aveva ordinato Ca’ Rezzonico e a Ferrara nel 1933 aveva organizzato la grande mostra sull’arte ferrarese del Rinascimento. Diede concretezza alle aspettative dell’Amministrazione, che intendeva fare di Marfisa una sede rappresentativa della municipalità, che evocasse i passati splendori della città estense.



L’intervento di Savonuzzi e Barbantini fu estremamente rispettoso del monumento, la struttura dell’edificio fu conservata rigorosamente ed il restauro pittorico delle volte fu condotto con l’intento di non snaturare il senso delle decorazioni originarie. I mobili, per lo più databili al XVI –XVII secolo, furono scelti tra quelli di più alta qualità che il mercato antiquario offriva al momento, quale la collezione veneziana Donà dalle Rose.

Insieme alla recuperata monumentalità dell’insieme, gli arredi contribuirono efficacemente a ricreare l’atmosfera di una dimora signorile del Rinascimento, dando senso al percorso espositivo di una casa- museo, la cui suggestione risulta ancora oggi potenziata dalla cura con cui si seppe ridisegnare anche il giardino, nonostante che gran parte di esso fosse stato ceduto per la distesa dei campi del “Tennis Club Marfisa”.

L’edificio storico, entrato a far parte del patrimonio comunale dal 1865, è oggi una delle sedi dei Musei Civici di Arte Antica di Ferrara. I mobili, i dipinti e le suppellettili esposte nel percorso espositivo sono di proprietà della Cassa di Risparmio di Ferrara, che le ha concesse a titolo di deposito perpetuo.
 
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